E’ un piacere e un onore essere qui a rappresentare il Circolo Legambiente di Pistoia e a portare la voce del mondo ambientalista, o piuttosto del mondo dell’ “ambientalismo scientifico”, a cui ci piace pensare di appartenere.
Attraversiamo un epoca in cui si tende a creare mostri, a togliere dignità e diritto di parola a chiunque sia appena un po’ diverso da noi, criminalizzando e aggredendo la persona o la categoria, invece che confrontandosi sui contenuti.
Per questo ringraziamo gli organizzatori per l’invito a questo evento e soprattutto per un invito al dialogo che accettiamo assolutamente volentieri.
E’ vero, per un ambientalista veder tagliare un albero, vedere un bosco tagliato è sempre un dispiacere, ma siamo assolutamente consapevoli che non tutte le aziende lavorano allo stesso modo, che anzi la maggior parte rispetta le regole e ci teniamo a condannare con decisione qualsiasi caccia alle streghe generalizzata contro la categoria dei boscaioli. Per noi essere ambientalisti significa pensare e di agire secondo una visione biocentrica del mondo, dove l’uomo si pone come custode della natura e degli ecosistemi in un rapporto di sintonia e sinergia e non in posizione di dominio.
Da qui la convinzione che si debba rispettare la vita in tutte le sue forme.
Rispetto però non è sinonimo di amore, se quell’amore è espressione di un ambientalismo superficiale, ideologico o mediatico da salotto, purtroppo oggi di moda.
Rispetto per la vita, significa piuttosto osservare l’ambiente naturale alla luce della conoscenza, dello studio e della ragione, e di conseguenza individuare l’elemento della “biodiversità” sia come indicatore di qualità, dell’ambiente che come valore primario da tutelare.
Rispetto per la vita, significa anche rispettare l’uomo e porsi quindi in una logica di dialogo e cooperazione con gli altri, nel riconoscimento dei reciproci valori, interessi, esigenze e punti di vista.
Da questo tipo di approccio deriva pertanto la consapevolezza, che qui a Pistoia, il territorio delle nostre colline e montagne che troppo spesso viene definito superficialmente “il bosco“, non è una foresta primaria spontanea, non è un “regno esclusivo” di piante e animali, ma piuttosto è il risultato di secoli di interazione tra l’uomo, le sue attività e gli elementi naturali, che in questo modo ha creato una diversa tipologia di ambiente e una biodiversità che include anche l’uomo.
Se si comprende questo allora si può capire che “il bosco” segue tempi enormemente dilatati per i nostri ritmi di vita moderna.
Si può capire quel determinato “bosco” in realtà è un impianto artificiale che attraversa una ben precisa fase di lavorazione, oppure è un area sottoposta a tagli fitosanitari e di conseguenza vedere il lavoro dell’uomo come un intervento a tutela di quell’ambiente e non a scapito.
Si può capire se abbiamo di fronte un terreno in abbandono che grava su una strada e quindi meriterebbe che gli interventi di taglio non solo fossero consentiti con regole meno stringenti, ma addirittura incentivati o commissionati come opera pubblica.
D’altro canto si può capire che esistano zone di grande valenza turistica o naturalistica per la presenza di alberi monumentali o particolari specie di piante e animali, da rispettare integralmente o in cui le operazioni di taglio tramite pesanti mezzi risultano insostenibili e che quindi qui sia necessario introdurre maggiori tutele o perlomeno approcci diversi sul genere della selvicoltura naturalistica.
E d’altro canto ancora si può capire la necessità di imporre regole e controlli e che i due elementi siano giustamente proporzionati, in quanto un sistema in cui ad esempio ci siano troppe regole e pochi controlli selezionerebbe di fatto i soggetti meno virtuosi. E si può capire anche che in un mercato globalizzato la differenza di normative tra le varie Nazioni potrebbe togliere competitività alle imprese.
Nondimeno si deve considerare il contesto in cui ci troviamo.
- Un contesto locale di grave declino economico e sociale per cui in alcune zone la “risorsa legno” è forse l’unica potenziale fonte di lavoro e reddito.
- Un contesto generale nel quale l’energia da biomassa in un imminente futuro (che è già ora) potrebbe essere un elemento chiave per l’economia di questi territori e forse anche per il recupero di quote di sovranità energetica locale e anche nazionale.
Inoltre, se vogliamo avere un approccio in cui si tenga conto sia dell’ambiente che dell’uomo, è doveroso avviare una riflessione generale su quale modello di selvicoltura sia più adatto a tutelare la biodiversità e il paesaggio delle nostre montagne, e anche a soddisfare i reali bisogni dell’uomo inteso soprattutto come popolazione residente.
Se il modello “tecnico/industriale” che da qualche decennio pare affermarsi, nel quale poche grandi imprese dotate di macchinari sempre più grandi, costosi e energivori, rischiano di trasformare i nostri boschi in un industria a cielo aperto.
Oppure un modello “eco/umanistico” che guarda alla vocazione storica, culturale e alla conformazione del territorio, in cui tante microimprese dotate di mezzi leggeri ed economici potrebbero costituire filiere corte, magari gestire direttamente impianti di riscaldamento a biomassa. Un modello che sia fonte di reddito per i giovani che volessero rimanere sul territorio e riavvicinarsi a questa pratica e che possa portare ad abbattere i costi di riscaldamento per la gente della montagna creando lavoro e benessere diffuso a livello locale.
In conclusione riteniamo pertanto che sia doveroso per il nostro Circolo mettersi a disposizione per fare opera di divulgazione e sensibilizzazione dell’opinione pubblica rispetto ad una visione più consapevole del bosco e della selvicoltura e per partecipare attivamente qualsiasi eventuale percorso che si volesse attivare finalizzato al dialogo con tutti i portatori di interesse a partire dagli operatori economici legati alla selvicoltura e anche al turismo, alle comunità locali e a tutti i fruitori. Samuele Pesce Legambiente Pistoia
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