Conosciuta e coltivata da migliaia di anni, la canapa è veramente la pianta dei miracoli. Perché non solo cresce abbondante e in diversi climi, ma ha anche tantissimi utilizzi: alimentari, officinali, cosmetici, spirituali, tessili, edilizi, agricoli, energetici, cartari, bioplastici.
Canapennino è un’azienda di Sambuca Pistoiese, gestita da Josè Maria Malgrati e Edoardo Blue, che, oltre a coltivare questa versatilissima pianta, lo fa anche con metodi sostenibili.
Ci sono almeno tre coincidenze dietro alla nascita della vostra attività. Vero, Josè?
In effetti è vero. Per diversi anni ho vissuto a Roma, dove lavoravo come spazzacamino e non sapevo niente della canapa. Finché un giorno alcuni amici me ne parlarono, e io cominciai a interessarmi all’argomento.
Nel 2018 mi trasferii a Porretta e, nello stesso periodo, conobbi delle persone che la coltivavano. Ormai mi ero fatto una cultura sull’argomento, a quel punto mi sentivo motivato dall’esperienza di quelle persone, e allora decisi di provare anch’io a fare lo stesso.
Poi incontrai Edoardo, che a quel tempo gestiva un castagneto e lavorava nella ristorazione. Iniziammo a parlare seriamente di metterci in società e…e allora era fatta! Eravamo in due, avevamo la motivazione, e intorno a casa dei miei genitori c’era un terreno incolto da anni a nostra disposizione. Nel 2018 stesso inizia l’attività di Canapennino.
Che cosa ricavate dalla canapa?
Ne coltiviamo 5 varietà diverse, ovvero Tangerine, Cannatonic, Pineapple, B4 e Willy Wonka. Dalle loro infiorescenze possiamo ricavare oli, creme, decotti, unguenti, tinture madri. Tutto questo lo rivendiamo tramite mercati, alcuni negozi fra Pistoia e Bologna e vendita diretta.
E intorno all’attività avete costruito la vostra autosufficienza. Letteralmente.
Esatto. Oltre alla canapa coltiviamo un frutteto agroforestale con varietà antiche di meli, peri, gelsi, mirabolani. Ortaggi vari tipo fagioli, fagiolini, porri, patate e batate. E anche funghi shiitake, che coltiviamo su tronchi di quercia. Tutto quello che ricaviamo da qui, appunto, non lo rivendiamo, lo usiamo per la nostra sussistenza.
Per il periodo estivo, ci siamo anche attrezzati con una roulotte, un chiosco e dei bagni ecologici, così che, volendo, possiamo vivere tranquillamente anche qui, oltre che a casa nostra.
Che si tratti di vendita o di autoproduzione, però, i vostri metodi rimangono gli stessi. Quali sono?
I nostri metodi partono già dalla scelta del luogo. Non l’abbiamo fatta solo per convenienza, ma anche perché il terreno è argilloso, e quindi trattiene meglio l’acqua. Perché a 500 m di quota, qui fra le colline di Porretta, l’inquinamento è notevolmente più basso. E anche perché gli sbalzi termici di queste altitudini rafforzano le piante di canapa, e quindi migliorano la qualità dei prodotti.
Per concimare usiamo humus di lombrico, letame che ci fornisce un allevatore della zona, e la tecnica del sovescio. Mentre per proteggere le coltivazioni ci affidiamo a macerati, o alla pacciamatura con la paglia.
Fra gli alberi da frutto usiamo anche un “chicken tractor”, o “pollaio mobile”. Per chi non lo conosce, consiste in una gabbia senza fondo, mobile, all’interno della quale le galline mangiano, razzolano, fanno le uova. Con un unico mezzo, quindi, fertilizziamo, controlliamo le infestanti, nutriamo le galline e ci ricaviamo pure le uova.
Facciamo soltanto lavorazioni manuali, senza macchinari. Per irrigare usiamo l’acqua di una fonte vicina e, soprattutto per le piante di canapa, anche quella di un biolago, che deriva da un fiume circostante ed è filtrata e depurata naturalmente da piante e pesci che vivono nello specchio d’acqua.
E in tutto questo avete anche lo spazio e l’iniziativa per ospitare persone ed eventi.
Sì, perché ci piace l’idea di condivisione, convivialità, comunità. Abbiamo tavoli e sedie per mangiare in compagnie numerose. Una yurta che può servire da alloggio per la notte, per chi partecipa ai nostri eventi o per wwoofers. Spazi per piantare delle tende. Per i periodi più freddi, abbiamo anche una sauna finlandese. Ultimamente, stiamo allestendo anche uno spazio, circondato da pioppi tremuli, che ospiterà una piattaforma in legno coperta, utile per eventi vari, per esempio per sessioni di danza del tipo “contact improvisation”.
Il vostro è un progetto di ampio respiro. Ma avete incontrato ostacoli, pregiudizi, scetticismi? O, al contrario, più apertura mentale?
Abbiamo visto di tutto.
Da un lato vediamo ancora gli effetti del proibizionismo e della campagna di disinformazione sulla canapa iniziata negli anni 30 del Novecento. In alcuni mercati, per esempio, ci hanno negato il permesso di vendere, senza motivazioni giustificate. Le nuove generazioni in generale sono molto diffidenti. Mentre fra quelle più vecchie, che hanno vissuto il pre-proibizionismo, ci sono alcuni che si colpevolizzano per aver coltivato o fatto uso di canapa. E infatti la maggior parte dei nostri clienti sono persone dai 30 anni in su.
Da un altro lato, però, vediamo anche i segni di un vento che sta cambiando. Persone inizialmente scettiche, perfino con una formazione medica, che hanno ribaltato completamente le loro convinzioni, dopo aver provato i nostri prodotti. Persone che hanno cercato la canapa per curare un problema e, inaspettatamente, con quella ne hanno risolti altri per i quali una soluzione non la cercavano affatto, o non l’avevano mai trovata con altri metodi.
Risultati come questi ci dicono che stiamo facendo qualcosa di buono. Perciò continueremo a farlo, nonostante tutto.
Di Enrico Becchi
Il progetto è realizzato grazie al bando "Siete Presente. Con i giovani per ripartire - 2024", a valere sul progetto “Giovanisì.it”, promosso dal Cesvot e finanziato da Regione Toscana - Giovanisì, in accordo con la Presidenza del Consiglio dei Ministri Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale, con il sostegno della Fondazione Caript
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